Femminile dei nomi (lezione di grammatica italiana)


La grammatica Treccani ci insegna che in italiano la formazione del femminile dei nomi può avvenire in diversi modi e comunque queste regole non sono sempre così ferree.

Il modo più comune per ottenere il femminile dei nomi è sostituire la desinenza del maschile (-o, -e) con la desinenza -a

impiegato > impiegata
cuoco > cuoca
signore > signora
cameriere > cameriera


•Soprattutto per alcuni nomi maschili in -a e in -e, ma anche in -o, si ricorre alla desinenza -essa
poeta > poetessa
studente > studentessa
principe > principessa
avvocato > avvocatessa
soldato > soldatessa
Questa desinenza, però, è usata soltanto nei nomi citati e in pochi altri (come ad esempio baronessa, contessa,
dottoressa, professoressa). 
 •I nomi maschili in -tore hanno il femminile in -trice
lettore > lettrice
nuotatore > nuotatrice
traduttore > traduttrice
Ma dottore fa dottoressa e si ricorre alla desinenza -tora solo in casi come
pastore > pastora
impostore > impostora
tintore > tintora



•I nomi maschili in -sore hanno il femminile in -itrice
difensore > difenditrice
possessore > posseditrice
Esempi poco usati e con varianti, da professore, come già visto, si ha professoressa, da incisore, incisora.

•In alcuni nomi in cui si verifica l’alternanza di genere e di significato, il femminile si ottiene con il suffisso -ina,
senza che questo abbia un reale valore diminutivo
gallo > gallina
eroe > eroina
re > regina
zar > zarina
Lo stesso accade con alcuni nomi propri
Andrea > Andreina
Giuseppe > Giuseppina


I cosiddetti nomi di genere comune (o epiceni) hanno un’unica forma per il maschile e il femminile; il genere
dunque è ricostruibile solo dall’eventuale presenza dell’articolo o di un aggettivo
un insegnante / un’insegnante, il giornalista / la giornalista, il giudice / la giudice


Molti nomi di animali, per lo più selvatici, hanno un’unica forma per indicare l’animale sia maschio, sia femmina
(genere promiscuo)
la tigre, la volpe, la balena, il topo, lo gnu, il ragno, l'elefante, la gazzella. 
Un discorso a parte il cane con la controparte femminile la cagna, che sarebbe dispregiativo, meglio usare la cagnolina

CENNI STORICI
Alcuni nomi maschili di professioni del canto lirico finiscono in -o ma indicano una donna. La spiegazione sta nel fatto
che fino al Settecento si trattava di ruoli affidati a uomini o ragazzi. In questi casi sono accettate sia la concordanza
grammaticale (articolo e aggettivo maschile), sia quella ‘di natura’ (articolo e aggettivo femminile)
il contralto / la contralto, il soprano / la soprano, un bravo mezzosoprano / una brava mezzosoprano.

FEMMINILE DEI NOMI DI PROFESSIONE
Alcuni nomi di professione formano il femminile attraverso la desinenza -a, come avviene comunemente per i
sostantivi
il maestro > la maestra
il cuoco > la cuoca
il sarto > la sarta
l’infermiere > l’infermiera
Con i nomi di professione che appartengono alla categoria dei nomi di genere comune, si utilizza il nome maschile di
professione invariato
il cantante > la cantante
il regista> la regista
il farmacista > la farmacista

Altri nomi, invece, formano il femminile aggiungendo il suffisso -essa al nome maschile
dottore> dottoressa
presidente > presidentessa
vigile > vigilessa
La maggior parte dei nomi che al maschile singolare terminano in -tore formano il plurale in -trice
pittore > pittrice
scrittore> scrittrice
senatore > senatrice
In alcuni casi, si può aggiungere al maschile il determinante donna
la donna poliziotto (anche, più comune, poliziotta)
la donna magistrato (anche, meno comune, magistrata).

Il suffisso -essa, in particolare, è quello che più di tutti può assumere tali connotazioni e che nella lingua
comune, è il meno utilizzato nella formazione del femminile filosofessa, generalessa, giudicessa, avvocatessa. Sono residui del passato che potrebbero diversamente, è usati come ironici o addirittura dispregiativi
È una avvocatessa da quattro soldi

CENNI STORICI
Negli ultimi decenni il mutare delle condizioni sociali femminili, che ha portato all’affermazione delle donne in molte
professioni e cariche che prima erano loro precluse, ha avuto ripercussioni sui nomi delle professioni. Basti pensare
ai nomi legati all’esercito e alle forze dell’ordine, istituzioni alle quali le donne hanno avuto accesso solo in tempi
relativamente recenti: non è ben chiaro quale sia il femminile corretto e politicamente corretto di soldato, di generale, maresciallo, sergente. 
In questi e molti altri casi le soluzioni sono ancora aperte e nella scelta si scontrano sensibilità diverse, al punto che
non è facile prevedere quale sarà la versione che prevarrà nell’uso. Basti pensare a come molte soluzioni proposte
molti anni addietro dai gruppi femministi appaiano oggi più anacronistiche rispetto alla tradizione (come dottora e professora al posto di dottoressa
e professoressa).






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